LaRecherche.it
Scrivi un commento
al testo di Salvatore Armando Santoro
|
||||
Quelle ruvide carezze che mi hai dato ancora nonno mio non le ho scordate quelle mani pesanti che han zappato sulla mia pelle si sono appiccicate.
E valgono un tesoro e le ricordo nel cuore anche scolpita ho la tua voce pane raffermo questa sera mordo, come facevi tu, con qualche noce.
Odora questa stanza di campagna, solo a pensare a te penso al tabacco, anche un umor di brina m'accompagna e vedo te quand'eri stanco e fiacco.
E ti sedevi fuori dalla porta come in poltrona su un consunto tufo e ripetevi: ”In fondo non m'importa ma a far questo lavoro sono stufo”.
“Anche se qui son re ce l'ho un padrone pensi di poter tutti comandare, ma lo stato ti tassa, è un gran ladrone, e col maltempo i conti devi fare”.
“Spesso non piove e l'acqua è necessaria se Dio non ce la manda ho secco in gola, le galline si ammalano di aviaria e i conti tocca far con la tignola”.
Nel suo gilè prendeva una cartina le foglie di tabacco accartocciava e sospirava: “benedetta brina”! Poi un pòspuro* nel muro strofinava.
Salvatore Armando Santoro (Boccheggiano 6.1.2018 – 23,14)
* Pòspuro (da fosforo = vecchi fiammiferi di legno in dialetto salentino).
|
|